Barometro: la crisi non dilaga, ma ha ancora in serbo difficoltà per l'economia

Barometro: la crisi non dilaga, ma ha ancora in serbo difficoltà per l'economia

Per quanto sia improbabile che i problemi del comparto bancario sfocino in una dura stretta creditizia (credit crunch), l'economia globale non ne verrà comunque fuori indenne.

In breve

Asset allocation: Abbiamo declassato tatticamente le obbligazioni portandole a neutrali, poiché appare improbabile che le aspettative di mercato di tagli aggressivi dei tassi statunitensi si materializzino.

Regioni e settori azionari: Abbiamo portato le azioni statunitensi da sottopeso a neutrali, poiché il calo dei rendimenti fa da traino ai titoli Quality Growth.

Reddito fisso e valute: Le recenti turbolenze sui mercati confermano la nostra posizione di cautela sul credito high yield.

 

Asset allocation: il (credit) crunch non porterà a bruschi tagli dei tassi

La stretta monetaria aggressiva della Federal Reserve statunitense e di altre grandi banche centrali ha innescato turbolenze in alcuni comparti del settore bancario e alimentato i paragoni con la stretta creditizia globale che sconvolse i mercati finanziari 15 anni fa.

Riteniamo che i timori per una crisi finanziaria simile a quella del 2008 siano esagerati. Ciononostante, le convulsioni economiche derivanti dalla chiusura di alcune banche regionali negli Stati Uniti e dall'acquisizione (mediata dallo Stato) di Credit Suisse diventeranno presto evidenti: la crescita del PIL globale rallenterà e risulterà inferiore al suo potenziale a lungo termine per il resto dell'anno.

Detto ciò, sembra che gli investitori stiano correndo sin troppo con le loro previsioni di una Fed che inizierà a ridurre i tassi di interesse già entro il prossimo luglio. Come altre banche centrali, la Fed ha infatti le mani legate: l'inflazione elevata le impedirà di erogare stimoli monetari nei prossimi mesi, pur inducendola a ritenere opportuna l'introduzione di altre misure a breve termine per allentare le tensioni nel sistema bancario.

Lo scenario eccessivamente accomodante scontato dai mercati del reddito fisso è uno dei motivi per cui abbiamo abbassato la ponderazione delle obbligazioni allo stesso livello del benchmark. Si tratta di una mossa solo tattica: i rendimenti dei titoli di Stato a più breve scadenza sono scesi troppo e troppo in fretta. Di conseguenza, la liquidità viene portata a sovrappeso.

Ci aspettiamo una nuova fase di debolezza economica e quindi, nel frattempo, manteniamo il sottopeso sul comparto azionario. Il peggioramento delle condizioni economiche non solo ostacolerà la crescita dei multipli prezzo/utili, ma potrebbe portare anche alla stagnazione degli utili societari.

Fig. 1 - Griglia mensile dell'asset allocation

Aprile 2023

Fonte: Pictet Asset Management

Le nostre analisi sul ciclo economico indicano che la stretta bancaria peserà sulla crescita economica nel medio termine. La crescita del PIL tra le economie avanzate è destinata quest'anno a rallentare fino all'1% (dal 2,7% dello scorso anno).

Negli Stati Uniti, le recenti turbolenze finanziarie potrebbero indurre le banche piccole e medie (responsabili di un terzo dei prestiti totali nel Paese) a inasprire i propri standard creditizi, cosa che a sua volta peserebbe sui consumi e sugli investimenti aziendali.

È probabile che questi istituti di credito restino vulnerabili, in quanto i risparmiatori (che detengono depositi non assicurati stimati in 8 mila miliardi di dollari) potrebbero parcheggiare questa liquidità presso banche più grandi e sicure o cercare altri asset in grado di garantire rendimenti più elevati, creando così ulteriori perdite nei bilanci delle banche regionali.

Fig. 2 Squilibri nella liquidità

Depositi delle banche commerciali USA e indice dei Treasury USA, variazione su base annua in %

Fonte: Refinitiv e Pictet Asset Management, dati relativi al periodo dall'11/02/2003 al 27/03/2023

Esiste, comunque, una ragionevole possibilità che l'economia statunitense riesca a evitare una recessione.

Le famiglie del Paese hanno ancora 1.500 miliardi di dollari di risparmi in eccesso, mentre la Fed ha attuato misure di protezione per impedire il crollo di altre banche. Molto dipenderà dalla resilienza dei consumatori e dal sentiment delle aziende di fronte alle turbolenze delle banche regionali.

Neanche le previsioni per l'Europa sono particolarmente positive; tuttavia, il comparto finanziario della regione dovrebbe reggere meglio della controparte statunitense, grazie all'abbondante cuscinetto di capitale e liquidità di cui dispongono le banche europee.

Detto ciò, si prevede che le condizioni creditizie subiscano un'ulteriore stretta, parallelamente ai rialzi dei tassi di interesse della Banca Centrale Europea volti a controllare le forti e ostinate pressioni sui prezzi, cosa che dovrebbe avere ripercussioni sugli asset più rischiosi.

Una nota positiva all'interno dell'economia globale è costituita dai mercati emergenti, la cui crescita quest'anno potrebbe accelerare sino al 3,2%, trainata dalla Cina che dovrebbe godere del forte rimbalzo grazie alla riapertura post-COVID.

Ulteriore incoraggiamento giunge dai segnali che indicano che la stretta normativa di Pechino sulle aziende si sta allentando, il che potrebbe rischiarare le prospettive per le azioni e le obbligazioni del Paese.

Di buon auspicio per le economie dei mercati emergenti sono anche il calo dell'inflazione e la recente debolezza del dollaro. 

Il nostro modello di liquidità mostra un quadro variegato. La Fed ha reagito con prontezza alla crisi bancaria, dispiegando un piano di prestiti di emergenza per le banche che ha permesso di fornire liquidità per un totale di circa 400 miliardi di dollari.

L'impatto sui mercati è stato simile a un quantitative easing, innalzando quello che stimiamo essere il fair value dell'indice S&P 500, stimolando i titoli azionari sensibili alla liquidità e orientati alla crescita (titoli growth) e riducendo i rendimenti sulle obbligazioni a più lunga scadenza. 

Tuttavia, data la persistenza della pressione inflazionistica e il grado di resilienza dell'economia, i nostri modelli valutano estremamente irrealistiche le attese di mercato circa un taglio dei tassi della Fed (fino a 100 punti base quest'anno e per altri 100 punti base entro il 2024).

Un'indicazione chiave proveniente dal nostro quadro di valutazione mostra la perdita di attrattiva delle obbligazioni in seguito al brusco crollo dei rendimenti provocato dai problemi nel settore bancario.

Tutti gli asset sono negoziati a valutazioni eque.

Per quanto riguarda le previsioni sugli utili, il modello suggerisce per il 2023 una crescita degli utili societari quasi piatta in tutto il mondo. I mercati emergenti rimangono quelli più dinamici. Prevediamo che quest'anno la crescita degli utili societari nei ME sarà superiore all'11%, una prospettiva significativamente più ottimistica rispetto a quella del consensus degli analisti, che vede una lieve contrazione.

I nostri indicatori tecnici forniscono segnali contraddittori. I fondi del mercato monetario hanno attratto flussi per circa 340 miliardi di dollari nelle ultime quattro settimane (i maggiori dalla crisi legata al COVID); si potrebbe considerare questo sviluppo come un cambiamento in senso difensivo.

Questo flusso in entrata, pari al 10% degli asset in fondi del mercato monetario statunitense, ha fatto da contraltare alla fuga dai depositi bancari. A controbilanciare questo segnale, però, i flussi in uscita dal comparto azionario sono stati limitati: i riscatti registrati dalle azioni statunitensi sono stati compensati dai flussi in entrata nei fondi azionari emergenti.

Regioni e settori azionari: le aziende leader americane sembrano promettenti

A marzo, le aspettative di un imminente stop da parte della Fed ai rialzi dei tassi di interesse e il conseguente brusco calo dei rendimenti obbligazionari statunitensi hanno alleggerito la pressione sui mercati e sui settori azionari growth, sostenendo in particolare le azioni statunitensi e tecnologiche. Crediamo che questa dinamica di mercato possa continuare per un certo periodo di tempo. La composizione settoriale dei titoli azionari statunitensi, in particolare la posizione dominante delle società tecnologiche, dovrebbe offrire agli investitori protezione da un ulteriore indebolimento della crescita economica. Per questo motivo, abbiamo portato le azioni statunitensi da sottopeso a neutrali.

I titoli tecnologici e delle telecomunicazioni rappresentano un'ampia porzione del mercato azionario statunitense e offrono agli investitori un'esposizione a fattori "quality growth" in grado di sovraperformare in questa fase del ciclo economico (si veda la Fig. 3)1. I tassi d'interesse sono prossimi al loro picco e, anche se il mercato fosse in errore nell'attendersi tagli significativi dei tassi nel corso dell'anno, l'andamento dei titoli di qualità orientati alla crescita dovrebbe essere ancora positivo. Le azioni statunitensi costituiscono il 70% dell'indice Global Quality MSCI, mentre gli Stati Uniti compongono solo il 60% dell'indice azionario globale; questo dato di fatto suggerisce che il comparto azionario statunitense dovrebbe dimostrarsi resiliente nei prossimi mesi.

Fig. 3 - I titoli quality battono i value

Performance dell'indice MSCI USA vs MSCI EMU; Performance dei Global Quality vs Global Value. Entrambi gli indici sono ribasati.

Fonte: Refinitiv DataStream, IBES, Pictet Asset Management. Dati dal 01/01/1990 al 01/03/2023

Allo stesso tempo, visti i venti contrari che giungono dalla politica monetaria, negli ultimi mesi gli analisti hanno  ridotto le loro aspettative di crescita  per gli utili societari e i margini  di profitto statunitensi, ma non hanno fatto lo stesso per le società europee. Per noi, questa è un'indicazione che le previsioni per le società statunitensi sono eccessivamente pessimistiche.

Ciò non significa che le small cap statunitensi avranno vita facile: le banche regionali, ovvero gli istituti che hanno dimostrato di essere più vulnerabili agli effetti dei precedenti aumenti dei tassi di interesse, sono una delle principali fonti di finanziamento per le piccole e medie imprese. Nel complesso, però, siamo meno pessimisti di altri analisti sulle prospettive dell'economia statunitense: prevediamo che questa resisterà meglio alle tempeste finanziarie che non in passato, soprattutto perché la Fed è più propensa a fornire liquidità di emergenza al sistema.

Il mercato azionario statunitense si merita, quindi, una revisione al rialzo, mentre abbiamo iniziato a mettere in discussione le prospettive del mercato azionario giapponese, data la sua forte esposizione ai settori ciclici e alla luce del fatto che la Bank of Japan sembra essere sul punto di abbandonare la sua politica monetaria ultra-accomodante. L'allontanamento dalla sua politica di controllo della curva dei rendimenti (che punta al rispetto di uno specifico intervallo di rendimento per le obbligazioni a lungo termine) probabilmente spingerà al rialzo i rendimenti obbligazionari giapponesi a breve termine, indebolendo le prospettive per le sue società esportatrici in un momento in cui anche la domanda da parte delle altre economie sviluppate pare destinata a rallentare. Per il momento manteniamo neutrale la nostra ponderazione delle azioni giapponesi.

In generale, prevediamo che nel 2023 l'andamento degli utili societari rimarrà per lo più piatto in tutto il mondo, con l'eccezione dei mercati emergenti e, soprattutto, della Cina. Riteniamo che gli utili di questi mercati abbiano il potenziale per superare le previsioni degli analisti. Prevediamo che quest'anno gli utili dei mercati emergenti saliranno anche un po' più del 10%, contrariamente al consensus di mercato, che li vede flat, rispetto a una crescita di appena il 2% per le azioni dei mercati sviluppati. Inoltre, queste economie si trovano in una fase più avanzata del ciclo di politica a contrasto dell'inflazione e, in alcuni casi, hanno già ricominciato a fornire stimoli. Nelle ultime settimane, i flussi di portafoglio verso le azioni dei mercati emergenti hanno compensato quelli in uscita dal mercato statunitense. Manteniamo un atteggiamento positivo sulle azioni emergenti, in particolare sulla Cina, e sovrappesiamo entrambe. 

Reddito fisso e valute: attenzione e cautela sulle obbligazioni high yield

Elevata avversione al rischio, pericolo di recessione, prospettive di utili aziendali inferiori. I recenti sviluppi non sono inoltre di buon auspicio per le obbligazioni più rischiose e rafforzano la nostra convinzione sulla posizione di sottopeso sul credito high yield. Le turbolenze del settore bancario hanno infatti ampliato, anche se di poco, gli spread di rendimento dei debiti con rating inferiore all'investment grade; tuttavia, le valutazioni non rispecchiano ancora del tutto l'aumento del rischio di insolvenze.  Il forte inasprimento delle condizioni di prestito non si riflette pienamente nella remunerazione che gli investitori ricevono attualmente per assumersi tale rischio creditizio; a questo proposito, il sondaggio della Fed sul mercato dei prestiti (loan) è coerente con gli spread del comparto high yield statunitense, pari al doppio dei livelli attuali (475 punti base).  

Altrove, nel mercato del reddito fisso, la situazione è meno netta. Prendiamo, ad esempio, i Treasury USA: i rendimenti dei titoli sono scesi bruscamente, poiché i mercati hanno rapidamente iniziato a scontare la prospettiva di tagli dei tassi d'interesse da parte della Fed per sostenere il comparto finanziario (si veda la Fig. 4).

Fig. 4 - Aspettative vs realtà

Tasso dei Fed fund e aspettative del mercato

Fonte: Bloomberg, Pictet Asset Management. Basato sul tasso implicito dei futures sui Fed fund fino al 2024 e sul tasso OIS su base quinquennale per il tasso implicito a più lunga scadenza. Dati dal 31/01/2002 al 28/03/2023.

Siamo del parere che i mercati si stiano muovendo troppo in fretta. Le pressioni inflazionistiche non si sono ancora affievolite e riteniamo che i mercati siano ora troppo ottimisti sulla rapidità con cui verranno tagliati i tassi di interesse. È altamente improbabile che il taglio attualmente scontato si materializzi entro luglio.

Se la ragione sarà dalla nostra parte, i rendimenti torneranno a salire. In ogni caso, comunque, la cosa più interessante è che ciò riguarderebbe solo l'estremità a breve della curva dei rendimenti dei Treasury. I rendimenti delle obbligazioni a più lunga scadenza sono una questione completamente diversa, in quanto rimarranno stabili o scenderanno in caso di peggioramento delle condizioni economiche.

Per questo continuiamo a sovrappesare i Treasury, che risultano più interessanti, a parità di condizioni, dei titoli di Stato europei.

La BCE risulta infatti ancora più aggressiva della Fed e l'opinione comune è che sia giusto così, perché le dinamiche inflazionistiche nell'eurozona sono più preoccupanti, in quanto l'inflazione core non ha ancora raggiunto il suo picco. Altrettanto vero è che la BCE può permettersi di assumere una posizione più aggressiva, perché le problematiche che affliggono il sistema bancario preoccupano meno in Europa, dato il suo quadro normativo più rigoroso.

Anche in Giappone si intravedono alcuni timidi segnali di un tono più aggressivo da parte dei policymaker. Le pressioni sulla Bank of Japan perché rinunci alla sua politica monetaria ultra-accomodante sono in aumento e potrebbero portare a una progressiva eliminazione delle sue misure di controllo della curva dei rendimenti, cosa che anticiperebbe un rialzo dei tassi. Tuttavia riteniamo che questa svolta non giungerà prima di qualche mese e, quindi, per il momento restiamo neutrali sui Buoni del Tesoro giapponesi (JGB).

Le obbligazioni in valuta locale dei mercati emergenti continuano a offrire interessanti opportunità di investimento, grazie alle forti prospettive di crescita economica (in particolare in Asia) e alle minori pressioni inflazionistiche. Il divario della crescita economica tra economie emergenti e sviluppate è destinato ad allargarsi, cosa solitamente di buon auspicio per gli asset dei mercati emergenti. Inoltre, la debolezza del dollaro USA potrebbe rappresentare una fonte aggiuntiva di rendimento, in primo luogo permettendo l'apprezzamento di una serie di valute dei Paesi in via di sviluppo. 

La nostra esposizione al rischio viene coperta con posizioni lunghe su franco svizzero e oro. 

Panoramica sui mercati globali: banche in sofferenza

Marzo è stato un mese turbolento. Il fallimento della Silicon Valley Bank, specializzata nel credito alle start-up tecnologiche, ha fatto tremare i mercati finanziari statunitensi e non solo, e molti altri istituti di credito regionali statunitensi ne hanno avvertito le ripercussioni. Dall'altra parte dell'Atlantico, anche Credit Suisse ha barcollato, costringendo il governo svizzero a organizzarne l'acquisizione.

L'indice KWB Bank, che replica la performance delle principali banche regionali statunitensi, ha perso quasi il 30% del suo valore prima di riprendersi leggermente (si veda la Fig. 5). In generale, i titoli finanziari sono stati il settore azionario con la performance peggiore, chiudendo il mese in ribasso di circa il 6,5% in valuta locale. Sotto forte pressione sono finiti anche i titoli immobiliari e le società a piccola capitalizzazione.

Fig. 5 - Banche in sofferenza

Indice dei prezzi delle banche regionali KWB*, reindicizzato

*L'Indice KBW Bank è stato creato per replicare la performance delle principali banche e casse di risparmio quotate in borsa negli Stati Uniti. L'indice comprende 24 titoli bancari che rappresentano le grandi banche nazionali statunitensi (le cosiddette "money centre bank"), banche regionali e casse di risparmio. Fonte: Refinitiv DataStream, Pictet Asset Management. Dati dal 01/08/2022 al 28/03/2023.

Per contro, i titoli tecnologici e delle telecomunicazioni hanno chiuso in netto rialzo, entrambi con un guadagno del 9% circa, sostenuto dal brusco calo dei rendimenti obbligazionari e dall'appartenenza all'universo "quality".

I rendimenti obbligazionari globali si sono mossi notevolmente al ribasso, poiché gli investitori hanno puntato su di un rapido ritorno delle banche centrali a una politica monetaria più accomodante al fine di contrastare un aumento dei rischi di recessione e sostenere la stabilità finanziaria.

I rendimenti dei Treasury a 10 anni sono scesi al di sotto del 3,45% e quelli dei titoli a più breve scadenza hanno registrato un calo ancora più marcato. Lo spread di rendimento tra i Treasury a 10 anni e quelli a 2 anni ha registrato il restringimento più netto (disinversione) da ottobre 2008, passando da -114 a -47 punti base.

Il debito dei mercati emergenti ha invece tenuto bene, sostenuto dalla riapertura dell'economia cinese e da una maggiore fiducia nel settore immobiliare del Paese.

L'indebolimento del dollaro ha fornito un'ulteriore spinta agli asset emergenti. Il biglietto verde si è indebolito del 2% rispetto al paniere delle principali valute ponderato per gli scambi commerciali.

Il petrolio ha perso il 5% per via dei timori che la crisi bancaria potesse colpire in modo più ampio la crescita economica, portando a una riduzione della domanda. L'oro, nel frattempo, ha beneficiato dell'accresciuta avversione al rischio e ha visto i suoi prezzi aumentare sino a 2.000 dollari l'oncia. I nostri modelli suggeriscono che i prezzi attuali dell'oro indicano un calo ulteriore del dollaro intorno al 10%.

Le informazioni, opinioni e stime contenute nel presente documento riflettono un giudizio espresso alla data originale di pubblicazione e sono soggette a rischi e incertezze che potrebbero far sì che i risultati reali differiscano in maniera sostanziale da quelli qui presentati.
[1] Società con modelli di business durevoli e un vantaggio competitivo sostenibile secondo la definizione MSCI.
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